giovedì 26 novembre 2015

Giorno 6

Ayegui - Torres del Rìo

La notte passa molto bene, solo a Cizur Minor avevo dormito meglio. Alle 8 dobbiamo essere fuori dai coglioni, quindi almeno per oggi partiamo ad un buon orario. Dopo circa 2 km percorsi con Giulia e Cristo mi imbatto nella mitica Fuente del vino, una magica fontana dalla quale fuoriesce vino rosso. Anche se sono le 8.20 ne approfitto, riempiendo la mia borraccia fino all'ultima goccia; proprio quando sto per andarmene incontro il resto del gruppo italiano. Avevo già salutato tutti il giorno prima pensando che non ci saremmo più visti, quindi  davvero bello reincontrarci. La notte passata lontana da quasi tutti mi ha fatto capire quanto mi sia affezionato al gruppo, quindi mi fermo ad aspettarli e cammino a lungo con loro. Me la predo calma come non mai, per la prima volta cammino ad andatura davvero turistica. A differenza del solito mi permetto perfino una colazione al bar, che si trasforma lentamente in una pausa da un oretta. Ho pappeggiato abbastanza quindi inizio a sorpassare gente a destra e a manca, eccetto i coreani che hanno ore e ore di vantaggio.
Non ho ancora parlato dei suoni del Camino: la prima mattina è caratterizzata dai continui cinguettii degli uccelli, spezzo intramezzati da qualche "chichirichi". Verso le 9.30 gli uccelli si calmano, a spesso lasciando spazio agli spari dei cacciatori in cerca di ambite prede. Cacciatori a parte spesso si hanno nella giornata veri e propri momenti di "Sound of Silence". A proposito di musica ogni giorno mi sparo la discografia completa di qualche artista; dopo i Muse, i Queen e due giorni di Ipod random oggi scelgo i Megadeth. Forse Symphony of Destruction non è l'abbinamento perfetto per un paesaggio di campagna simil-Toscana, ma me la godo comunque al massimo. L'heavy metal mi spinge a grande velocità verso Los Arcos, dove incontro Sara e Dalila che però si fermano a mangiare. Io mi concedo solo uno spuntino proseguendo dritto pe dritto verso Torres Del Rio. Sulla strada incontro nuovamente Osvaldo, con cui cammino per almeno un'ora. Stare con lui si rivela molto interessante, in quanto essendo un agronomo mi spiega molte cose che non sapevo sui terreni circostanti. Il tratto di campagna sembra interminabile, ma finalmente giungo a destinazione. L'albergue in cui volevo andare pare che abbia chiuso per sempre, quindi sono costretto a virare sul piano b, un posto senza cucina oltretutto. L'accoglienza non è delle migliori, si capisce fin da subito che questo è il classico posto a cui non gliene frega dei pellegrini ma solo dei loro dindini. Lo stesso non vale per Yolanda, la proprietaria del piccolo negozietto di alimentari locale. Giungo da lei in cerca di cibo e quando le dico di essere italiano si offre di cucinarmi un piatto di pasta: io compro da lei la pasta nel suo negozio e lei me la cucina a casa sua. Davvero una persona splendida.
Declino l'offerta pastafariana ma mi riprometto di passare da lei per salutarla il giorno successivo.
Nel mio albergue ci sono parecchi visi noti: tra di loro il mitico pescatore Senpai, chiamato così perchè ha un solco lungo il viso come una specie di sorriso. E' un peccato che non parli una parola di inglese o di spagnolo, c'è tantissima simpatia e affetto tra di noi ma purtroppo l'ostacolo linguistico pare insormontabile.
Oltre a lui trovo sul percorso anche il suo alter-ego malvagio, il temuto grinch. E' il sesto giorno, lo vedo praticamente sempre ma non sono ancora riuscito a farlo sorridere. E' sempre incazzato, c'è davvero poco da fare. Alle 5 arrivano anche Giulia e Cristo, giusto in tempo per beccarsi un mega acquazzone. Per cena andiamo a mangiare tutti assieme in un ristorante locale, con qualità del cibo fortunatamente migliore a quella dell'albergo. Che altro? Boh non mi ricordo. Dopo un'interminabile skypata verso Costantinopoli mi dirigo verso la mia camera. Quando entro Osvaldo sta già russando come un ghiro.

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