Puente De La Reina - Ayegui
Notte da incupo a Puente De La Reina. Non per me ma per Sara, che verso le 2 di notte cade dal letto a castello. Si, quello sopra. Il mio sonno è pesante ma un tonfo così clamoroso è troppo anche per me.
Per fortuna Sara non si è fatta troppo male e torniamo tutti a dormire, anche se per tutta la notte ho paura di cadere dal letto pure io. Mi sveglio come al solito dopo gli altri, giusto in tempo per ammirare la bellissima alba con tanto di arcobaleno. Soddisfatti i bisogni dell'anima è tempo di pensare a quelli dello stomaco; quando apro il frigo per prendere la mia colazione subito noto la sangrìa comprata il giorno precedente dimenticata nel ripiano più alto del frigo.
Un'idea malsana nasce in me. Tento di reprimerla ma non funziona. La parte del cervello che mi fa fare le cazzate (quella più grande probabilmente) decide che la sangrìa non si butta, la sangrìa si beve, allegria con la sangrìa. Approfitto dell'orario di despedida che è incredibilmente fino alle 9 per iniziare a tazzare e ad aiutare una coreana acciaccata a comunicare con la hospitalera che ovviamente non parla inglese. Parto misteriosamente allegro, incontrando praticamente solo spagnoli nella prima ora di camminata. Dopo qualche giorno posso dividere i pellegrini in 3 categorie:
- Gli spagnoli: conoscono il Camino e non gli piace svegliarsi troppo presto. Sanno quello che vogliono fare e quindi anche partendo più tardi non avranno problemi a giungere a destinazione
- I coreani: i primi a partire e i primi ad arrivare. Metodici come degli scienziati, sanno sempre quello che devono fare, conoscono le scorciatoie e spesso girano in minacciosi gruppetti tipo i mafiosi.
- Il resto del mondo: partono ad un orario intermedio tra i coreani e gli spagnoli; la maggioranza sono italiani e francesi, ma in generale c'è un bel fritto misto. Si va da gente organizzata seriamente (comunque meno dei coreani) al cazzodicane più assoluto tipo me.
All'apice della mia contentezza incontro Giulia e Christopher in cima ad una salitona dove ho anche spinto una coreana in bicicletta. Devo ammettere che la sangrìa fa il suo effetto, mi sono sempre stati simpatici ma in quel momento lo sembrano ancora di più ;)
Andando avanti incontro quasi tutti gli altri italiani, salutando tutti perchè ho intenzione di andare qualche km oltre ad Estella, la loro meta odierna. Mai dire queste cose: dopo pochi chilometri inizia a farmi male dal nulla il polpaccio sinistro; ne approfitto per fermarmi a mangiare ma il dolore rimane.
Continuo quindi a passo lento, camminando con Osvaldo (purtroppo non il compianto Paniccia, RIP maestro), uno degli spagnoli con cui ho familiarizzato di più. Cammino fino ad Estella con lui, proseguendo fino al paese dopo. Addirittura 2 km in più, poi decido che è meglio fermarmi per evitare brutti guai con il polpaccio. Il Refugio in cui mi fermo non è altro che una palestra i calcio comunale, con gli spogliatoi adibiti come camerata gigante. Al mio arrivo siamo solo in 4, tra cui un immancabile coreano. A differenza dei connazionali questo è un idiota totale: non parla inglese e passa tutto il tempo a farsi selfie e foto del cazzo davanti allo specchio. #bimbominchia international
Dopo aver conosciuto questo taramot fanno la comparsa due catanesi conosciuti già la mattinata a Puente De La Reina. Niente contro quelli del sud in generale, ma questi due sono davvero terribili, dei veri e propri "gran visir". Parlano un italiano stranissimo mangiandosi le parole qua e la, capisco meglio l'inglese e lo spagnolo che il nostro idioma parlato da loro. Per fortuna quando inizio a essere triste sbucano dal nulla anche Giulia e Cristo il salvatore. La venuta del Messia è quantomai opportuna, avevo decisamente bisogno di due facce amiche in un luogo così triste. Più tardi mi reco con i Gran Visir a perlustrare i ristoranti della zona che loro già conoscevano, trovandoli ovviamente tutti chiusi. Li abbandono per andare a cercare Giulia e Kristoff, con i quali trovo un baretto dove fanno il Menu del Peregrino. Dopo una settimana passata senza sport non riesco a staccare gli occhi da un Giappone-Usa di rugby, tifando spudoratamente per i nipponici con tanto di incitamenti ad alta voce e gente che mi guarda male. Torniamo in palestra poco prima della chiusura, giusto in tempo per assistere ad una partita al bar tra tutti i vecchi del paese. Vado dunque a letto, con la voglia di prendere a sberle per qualche motivo che ora mi sfugge il bimbominkia coreano.
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