giovedì 10 dicembre 2015

Giorno 8

Logrono – Ventosa

Al mio risveglio le medicine hanno fatto miracoli: la mia caviglia sembra come nuova, ma sarà abbastanza per camminare? Luis mi consiglia di riposarmi, un irriducibile basco invece dice che un vero uomo come lui non si è mai fatto problemi a camminarci sopra. Nel dubbio lascio momentaneamente lo zaino al refugio per dirigermi alla biblioteca locale, dove approfitto per usufruire di un computer per un'ora, giusto il tempo per guardare i voli di ritorno e aggiornarmi su cosa sta succedendo nel mondo. Tornando da Luis rifletto sugli artisti della storia (cit.) e sul da farsi per la giornata. Siccome a Logrono mi romperei i coglioni decido di rischiare e partire, male che vada posso sempre fermarmi nel primo posto che capita o tornare indietro in autostop. Mi aggrego al primo che passa, un militare coreano che sta facendo il Camino in tenda, camminando con lui per un paio d'ore. Ricordo con piacere due circostanze di questo tragitto comune, prima l'incontro con Maria, senora novantenne che ci ha dato preziose indicazioni su come uscire da Logrono visto che le frecce scarseggiavano e che mi ha chiesto di arrivare a Santiago anche per lei. In secundis l'intervista che mi ha fatto il compare coreano davanti ad un laghetto di paperelle, chiedendomi informazioni su di me, sul perchè stessi facendo il Camino + varie ed eventuali.
Il mio obiettivo di giornata era inizialmente Navarrete, paesino posto a circa 13 km da Logrono, ma quando giungo a destinazione mi sento ancora in forma. Decido quindi di proseguire fino a Ventosa, paesello di campagna di cui ricordo il nome solo grazie all'omonimo Capitano. Ad un km dalla meta mi imbatto in una stoica Valentina, alle prese con una tendinite ben peggiore della mia. Vorrei rimanere con lei ma mi sto cagando addosso, la rivedrò un'oretta dopo e con 1 kg di peso in meno.
L'albergue in cui capito non è nemmeno male, ma la signora russa che lo gestisce è una rompicoglioni tipo Rottermaier. Non esistono negozi di alimentari nel paese, quindi sono costretto a comprare tutto nel costoso minimarket dell'albergue. Maledetta megera!
Proprio in tempo per la cena giungono anche Cristo e Giulia, con cui mi divido i compiti: io pasta e loro spezzatino. Quando abbiamo già iniziato ad usare i fornelli giunge in cucina la simpatica padrona di casa, che ci dice che non si può cucinare carne. Peccato che i cartelli dicano solo che “E' vietato friggere”. Da quanto si frigge uno spezzatino?? La rompicoglioni non vuole sentire ragioni e quindi siamo costretti a ripiegare sulla pasta, con Cristo che si lamenta perché invochiamo il nome dei suoi parenti.
Cos'altro? Faccio parecchie conoscenze interessanti, tipo una ragazza ucraina di 19 anni che parla solo 6 lingue o la lituana Sandra. Non male l'Est Europa. Dopo cena mi imbatto addirittura in un ragazzo di Chiavenna di nome Luciano, finalmente qualcuno delle mie parti!
Vado a nanna pensando ad Ale e alle asiatiche.

Giorno 7

Torres del Rìo – Logrono

Nonostante Osvaldo russi come un ghiro, la notte procede piuttosto bene. Me la prendo comoda come al solito, lasciando i nostri gentilissimi aguzzini intorno alle 8.20, ben Affleck l'orario previsto. Ivi mi reco al negozio di Yolanda per comprare un po di cibo e passare ancora del tempo con questa fantastica signora. Vedendomi infreddolito e con una forte tosse decide di offrirmi un thè con menta e miele, che tracanno fino all'ultima goccia proprio come farebbe Sasha Grey con un'altra bevanda. Prima di partire mi regala anche delle mele e dei rametti di basilico: raramente ho trovato delle persone così gentili, porterò il suo ricordo a lungo.
Nel frattempo continuano a passare coreani su coreani, con la piccola differenza che sono partiti 7 km prima di me a Los Arcos. Tra di loro spero che ci sia anche Gi-Seok, che ormai non vedo da giorni... Proprio lui, 'ccezionale! Poco più avanti mi imbatto in un mucchio selvaggio tra cui è presente anche il mio amico, incredibile. Proseguo con lui fino a Viana, dove mi debbo fermare a causa del polpaccio sinistro dolorante. Non riesco proprio a capire come mai una gamba mi faccia male e l'altra no, per fortuna Gi-Seok mi presta una pomata che lenisce il dolore.
Sulla strada verso Logrono mi imbatto in Corey, simpatico ragazzo americano a cui rischio di cavare un occhio con il mio bastone. Ogni tanto durante il mio percorso ho dei momenti da Gandalf, in cui mi metto ad agitare in aria la mia quarta gamba. Si da il caso che sovente ho il brutto vizio di farlo con la musica nelle orecchie, non rendendomi conto di ciò che mi circonda, come quando appare un Corey selvatico. Ma per fortuna scampato pericolo. Lascio anche lui avvicinandomi a passi lunghi e ben distesi verso sta cazzo di Logrono, che inizio a detestare ancora prima di entrarci in quanto vengo quasi attaccato da dei cani degli zingari (sul serio, non sto facendo la Catherine J. Junior di turno). Valico il ponte sul fiume Ebro, che ha chiaramente presto il nome dalla via in cui abitavo a Milano, ed entro finalmente in città. Giunto a destinazione mi imbatto in Sara e Dalila proprio davanti al refugio scelto per la notte.
Aspettiamo vari minuti rispetto all'orario di apertura ma nessuno si presenta per aprirci, fino a quando inizio a sussurrare “Don Gianni” e “Salapeup”. A quel punto il nostro hospitalero appare, probabilmente richiamato da queste soavi parole. Luis è davvero molto simpatico e oltre a parlare 6 lingue conosce addirittura Sondalo! Il posto in cui siamo capitati è un “donativo”, dove gli ospiti decidono quanto donare in base all'accoglienza ricevuta. In questa specie di casa parrocchiale possiamo usufruire di cena, colazione e letti ove dormire e possibilmente non fornicare. Durante il pranzo a base di pasta alla salsa roquefort avviene il misfatto: la mia caviglia sinistra dal nulla inizia a farmi male. Sul momento non do alcuna importanza alla cosa, pensando di avere semplicemente appoggiato male il piede a tavola. Con il passare del tempo però il dolore aumenta e la mia caviglia diventa quasi come Ciro, immobile. Nel frattempo ero andato in una lavanderia per lavare i panni sporchi: per tornare indietro devo camminare a gallina zoppa tutto il tempo come un coglione. Non riesco nemmeno a fare le scale corbezzoli.
Luis mi diagnostica una tendinite e mi consiglia almeno un giorno di pausa totale. Raccolgo le mie ultime forze per andare in farmacia a comprare qualche painkiller per attutire il dolore, assieme ad un tipo mooolto particolare di nome Aristeo. A cena mangiamo tutti assieme pasta e insalata, cucinate dallo chef Luis, poi tutti in chiesa a firmare la Credencial. Io piuttosto di andare in quel luogo “malvagio” rimango in cucina a lavare i piatti, ritengo che per una persona come me sia la cosa giusta da fare, visto quello che penso delle religioni e di Anubi. Prima di andare a nanna un prete gentilissimo mi regala pure dei pasticcini. Devo ammetterlo, la comunità di Logrono è davvero tanta roba, in un giorno difficile sono stato trattato e accolto veramente bene.
Quasi dimenticavo: poco prima di andare in farmacia ho provato a calmare il dolore spalmandomi sulla caviglia la crema per i piedi. I minuti passavano ma la crema inspiegabilmente rimaneva bianca; tra me e me dicevo: “Certo che questa crema fa davvero cagare, non è come quelle koreane che vengono assorbite subito dalla pelle”. I minuti passano, la crema si asciuga e rimane bianca. Non capisco e mi tocco la caviglia, poi annuso la mano e sento uno strano odore: al posto della crema mi sono spalmato il dentifricio ahahahahahah.
Vado a letto riflettendo sul pensiero femminista post-moderno.

A posteriori posso affermare che con  questa tappa si è conclusa la prima fase del Camino. Proprio come nella prima fase della vita, i miei "primi passi" sono stati molto belli. Tante novità, qualcosa di nuovo ogni giorno, positività alle stelle. Un po' come quando si è bambini e si vive la propria giovinezza. Top.

giovedì 26 novembre 2015

Giorno 6

Ayegui - Torres del Rìo

La notte passa molto bene, solo a Cizur Minor avevo dormito meglio. Alle 8 dobbiamo essere fuori dai coglioni, quindi almeno per oggi partiamo ad un buon orario. Dopo circa 2 km percorsi con Giulia e Cristo mi imbatto nella mitica Fuente del vino, una magica fontana dalla quale fuoriesce vino rosso. Anche se sono le 8.20 ne approfitto, riempiendo la mia borraccia fino all'ultima goccia; proprio quando sto per andarmene incontro il resto del gruppo italiano. Avevo già salutato tutti il giorno prima pensando che non ci saremmo più visti, quindi  davvero bello reincontrarci. La notte passata lontana da quasi tutti mi ha fatto capire quanto mi sia affezionato al gruppo, quindi mi fermo ad aspettarli e cammino a lungo con loro. Me la predo calma come non mai, per la prima volta cammino ad andatura davvero turistica. A differenza del solito mi permetto perfino una colazione al bar, che si trasforma lentamente in una pausa da un oretta. Ho pappeggiato abbastanza quindi inizio a sorpassare gente a destra e a manca, eccetto i coreani che hanno ore e ore di vantaggio.
Non ho ancora parlato dei suoni del Camino: la prima mattina è caratterizzata dai continui cinguettii degli uccelli, spezzo intramezzati da qualche "chichirichi". Verso le 9.30 gli uccelli si calmano, a spesso lasciando spazio agli spari dei cacciatori in cerca di ambite prede. Cacciatori a parte spesso si hanno nella giornata veri e propri momenti di "Sound of Silence". A proposito di musica ogni giorno mi sparo la discografia completa di qualche artista; dopo i Muse, i Queen e due giorni di Ipod random oggi scelgo i Megadeth. Forse Symphony of Destruction non è l'abbinamento perfetto per un paesaggio di campagna simil-Toscana, ma me la godo comunque al massimo. L'heavy metal mi spinge a grande velocità verso Los Arcos, dove incontro Sara e Dalila che però si fermano a mangiare. Io mi concedo solo uno spuntino proseguendo dritto pe dritto verso Torres Del Rio. Sulla strada incontro nuovamente Osvaldo, con cui cammino per almeno un'ora. Stare con lui si rivela molto interessante, in quanto essendo un agronomo mi spiega molte cose che non sapevo sui terreni circostanti. Il tratto di campagna sembra interminabile, ma finalmente giungo a destinazione. L'albergue in cui volevo andare pare che abbia chiuso per sempre, quindi sono costretto a virare sul piano b, un posto senza cucina oltretutto. L'accoglienza non è delle migliori, si capisce fin da subito che questo è il classico posto a cui non gliene frega dei pellegrini ma solo dei loro dindini. Lo stesso non vale per Yolanda, la proprietaria del piccolo negozietto di alimentari locale. Giungo da lei in cerca di cibo e quando le dico di essere italiano si offre di cucinarmi un piatto di pasta: io compro da lei la pasta nel suo negozio e lei me la cucina a casa sua. Davvero una persona splendida.
Declino l'offerta pastafariana ma mi riprometto di passare da lei per salutarla il giorno successivo.
Nel mio albergue ci sono parecchi visi noti: tra di loro il mitico pescatore Senpai, chiamato così perchè ha un solco lungo il viso come una specie di sorriso. E' un peccato che non parli una parola di inglese o di spagnolo, c'è tantissima simpatia e affetto tra di noi ma purtroppo l'ostacolo linguistico pare insormontabile.
Oltre a lui trovo sul percorso anche il suo alter-ego malvagio, il temuto grinch. E' il sesto giorno, lo vedo praticamente sempre ma non sono ancora riuscito a farlo sorridere. E' sempre incazzato, c'è davvero poco da fare. Alle 5 arrivano anche Giulia e Cristo, giusto in tempo per beccarsi un mega acquazzone. Per cena andiamo a mangiare tutti assieme in un ristorante locale, con qualità del cibo fortunatamente migliore a quella dell'albergo. Che altro? Boh non mi ricordo. Dopo un'interminabile skypata verso Costantinopoli mi dirigo verso la mia camera. Quando entro Osvaldo sta già russando come un ghiro.

mercoledì 25 novembre 2015

Giorno 5

Puente De La Reina - Ayegui

Notte da incupo a Puente De La Reina. Non per me ma per Sara, che verso le 2 di notte cade dal letto a castello. Si, quello sopra. Il mio sonno è pesante ma un tonfo così clamoroso è troppo anche per me.
Per fortuna Sara non si è fatta troppo male e torniamo tutti a dormire, anche se per tutta la notte ho paura di cadere dal letto pure io. Mi sveglio come al solito dopo gli altri, giusto in tempo per ammirare la bellissima alba con tanto di arcobaleno. Soddisfatti i bisogni dell'anima è tempo di pensare a quelli dello stomaco; quando apro il frigo per prendere la mia colazione subito noto la sangrìa comprata il giorno precedente dimenticata nel ripiano più alto del frigo.
Un'idea malsana nasce in me. Tento di reprimerla ma non funziona. La parte del cervello che mi fa fare le cazzate (quella più grande probabilmente) decide che la sangrìa non si butta, la sangrìa si beve, allegria con la sangrìa. Approfitto dell'orario di despedida che è incredibilmente fino alle 9 per iniziare a tazzare e ad aiutare una coreana acciaccata a comunicare con la hospitalera che ovviamente non parla inglese. Parto misteriosamente allegro, incontrando praticamente solo spagnoli nella prima ora di camminata. Dopo qualche giorno posso dividere i pellegrini in 3 categorie:
- Gli spagnoli: conoscono il Camino e non gli piace svegliarsi troppo presto. Sanno quello che vogliono fare e quindi anche partendo più tardi non avranno problemi a giungere a destinazione
- I coreani: i primi a partire e i primi ad arrivare. Metodici come degli scienziati, sanno sempre quello che devono fare, conoscono le scorciatoie e spesso girano in minacciosi gruppetti tipo i mafiosi.
- Il resto del mondo: partono ad un orario intermedio tra i coreani e gli spagnoli; la maggioranza sono italiani e francesi, ma in generale c'è un bel fritto misto. Si va da gente organizzata seriamente (comunque meno dei coreani) al cazzodicane più assoluto tipo me.
All'apice della mia contentezza incontro Giulia e Christopher in cima ad una salitona dove ho anche spinto una coreana in bicicletta. Devo ammettere che la sangrìa fa il suo effetto, mi sono sempre stati simpatici ma in quel momento lo sembrano ancora di più ;)
Andando avanti incontro quasi tutti gli altri italiani, salutando tutti perchè ho intenzione di andare qualche km oltre ad Estella, la loro meta odierna. Mai dire queste cose: dopo pochi chilometri inizia a farmi male dal nulla il polpaccio sinistro; ne approfitto per fermarmi a mangiare ma il dolore rimane.
Continuo quindi a passo lento, camminando con Osvaldo (purtroppo non il compianto Paniccia, RIP maestro), uno degli spagnoli con cui ho familiarizzato di più. Cammino fino ad Estella con lui, proseguendo fino al paese dopo. Addirittura 2 km in più, poi decido che è meglio fermarmi per evitare brutti guai con il polpaccio. Il Refugio in cui mi fermo non è altro che una palestra i calcio comunale, con gli spogliatoi adibiti come camerata gigante. Al mio arrivo siamo solo in 4, tra cui un immancabile coreano. A differenza dei connazionali questo è un idiota totale: non parla inglese e passa tutto il tempo a farsi selfie e foto del cazzo davanti allo specchio. #bimbominchia international
Dopo aver conosciuto questo taramot fanno la comparsa due catanesi conosciuti già la mattinata a Puente De La Reina. Niente contro quelli del sud in generale, ma questi due sono davvero terribili, dei veri e propri "gran visir". Parlano un italiano stranissimo mangiandosi le parole qua e la, capisco meglio l'inglese e lo spagnolo che il nostro idioma parlato da loro. Per fortuna quando inizio a essere triste sbucano dal nulla anche Giulia e Cristo il salvatore. La venuta del Messia è quantomai opportuna, avevo decisamente bisogno di due facce amiche in un luogo così triste. Più tardi mi reco con i Gran Visir  a perlustrare i ristoranti della zona che loro già conoscevano, trovandoli ovviamente tutti chiusi. Li abbandono per andare a cercare Giulia e Kristoff, con i quali trovo un baretto dove fanno il Menu del Peregrino. Dopo una settimana passata senza sport non riesco a staccare gli occhi da un Giappone-Usa di rugby, tifando spudoratamente per i nipponici con tanto di incitamenti ad alta voce e gente che mi guarda male. Torniamo in palestra poco prima della chiusura, giusto in tempo per assistere ad una partita al bar tra tutti i vecchi del paese. Vado dunque a letto, con la voglia di prendere a sberle per qualche motivo che ora mi sfugge il bimbominkia coreano.

Giorno 4

Cizur Minor - Puente De La Reina

Che bello!! Finalmente riesco a dormire come si deve per una notte. Il paraocchi regalatomi da Liza la sera e la stanchezza accumulata fanno il loro dovere. Alle 8.25 vengo provvidenzialmente svegliato dal mio amico coreano Gi-Seok. Ho addirittura 5 minuti per prepararmi e lasciare la stanza, almeno teoricamente. Per fortuna gli anni di pratica alle scuole superiori di #svegliaeindieciminutilavatimangiaecorrifinoalpulman si rivelano utilissimi, in pochissimo tempo sono pronto per fare in colazione. Giunto in cucina non trovo però i miei yogurt: dopo un momento di sconforto e imprecazioni scopro che se li è imboscati il simpatico Yves, un vecchietto francese che era l'unico rimasto in ostello oltre a me. Pensando di essere solo si era giustamente presto gli yogurt, quindi pensando agli insegnamenti di Padre Maronno capisco il suo punto di vista e lo perdono. E' davvero un tipo particolare, alla veneranda età di 67 anni sta studiando una lingua indiana per potere viaggiare al meglio nella nazione di Apu & friends. Dopo esserci salutati parto verso l'Alto del Perdon, collina situata ad una decina di km dalla partenza. Come qualcuno ha potuto vedere su isgram il cielo mattutino ha dei colori favolosi, vorrei postare le foto ma purtroppo il telefono che ho usato durante il Camino è ormai defunto. Raccolgo sulla strada quasi subito gli italiani che si erano fermati a Pamplona ma che mi avevano superato durante il sonno, poco più avanti inizio a trovare anche gli altri. Ovviamente Valentina è al bar. Proseguendo verso la vetta aiuto anche vari ciclisti ad inerpicarsi sulle difficili rampe, alcuni fisicamente ed altri con il classico incitamento "Vamos Purito". Il panorama in cima con mulini a vento everywhere è davvero ammirevole, il cartello con scritto 700 km a Santiago leggermente meno
In discesa passo la gente a velocità doppia, il vantaggio di avere un bastone come quarta gamba è decisamente notevole e si vede. Mi imbatto in un raro esemplare di abitante della mitica Isola di Man, luogo famoso soprattutto per il tourist trophy e Mark Cavendish. Mi spiega che i mannesi possono scegliere la propria nazionalità negli sport agonistici: in ordine vorrebbe esere scozzese, irlandese, gallese e ovviamente inglese come ultima scelta; come dargli torto?  Più avanti continuo la mia marcia con il mio amico polacco Peter, che mi racconta storie e scelte davvero interessanti riguardo alla sua vita. Scopro aneddoti interessantissimi della lingua polacca, in particolare sui diminutivi dei nomi; ora so perchè Blaczykowsky o come cazzo si scrive viene chiamato Kuba e non è semplicemente perchè la gente non è in grado di scrivere il suo nome.
Tutti i nomi polacchi hanno un diminutivo che viene usato in vari contesti, Kuba è il diminutivo di Jacub. Gli argomenti scorrono, è bellissimo passare da football manager all'alcolismo in Polonia, fino all'accecante Emily Ratajkowski. Visto che la tappa verso Puente De La Reina è molto corta decidiamo di deviare di 2 km per visitare una chiesa famosa che si trova in zona. Non l'avessi mai fatto, è una di quelle chiese romaniche senza decorazioni che mi fanno cagare; ammetto di essere una capra in arte ma a me proprio il romanico non va giù.
Saluto Peter per dirigermi incazzato verso Puente De La Reina, 4 km a cazzo di cane in più si fanno sentire quando non sei allenato e cammini tutti i giorni. Giunto a destinazione con Sara e Dalila mi sparo un bel piattone di pasta con loro per pranzo, per poi prendere il sole tutto il pomeriggio. Anyway il colore della mia faccia resta mozzarelloso, a differenza di tutti quelli intorno a me tendenti al Dafne. Arrivata la sera Valentina decide di fare il bis di risotto, non essendo soddisfatta della sua creatura del giorno precedente. Debbo ammettere che è davvero buono, anche se con la fame che ho dopo aver camminato così tanto apprezzerei anche gli uccelli spellati di Gans.
Oltre al risotto mi vengono offerti anche hamburger e altre pietanze dai tavoli a fianco, a fine serata la mia pancia sembra quella di Majin Bu buono. Per alleggerirmi mi sparo un paio di tisane o meglio me le faccio "offrire" da un mio nuovo amico coreano. Vedo sto qua che continua a gironzolare in cucina portando tazze a tutti i connazionali, quindi per scherzare gli chiedo perchè non lo porta anche ai non coreani..... E dopo 5 minuti inizia a portare tazze anche a noi, grandissimo!! Grazie a lui posso riscaldare la mia tosse (che è potente come al solito, è sottinteso) ed entro in contatto con il suo gruppo di orientali. Vinco la scommessa pt.2 parla 10 minuti con una coreana e tento di spiegare alla gente con poco successo le epiche gesta di Luca Giurato. Chiedo scudo Luca per non avere tenuto alto il tuo nome. Me ne vado a letto stanco, augurando a tutti un "Buon inizio di fine settimana"

martedì 24 novembre 2015

Giorno 3

Zubiri - Cizur Minor

Come già pensato la sera prima il mio sonno viene interrotto prima del previsto dai miei mattinieri amici orientali, probabilmente ancora abituati al loro fuso orario. Ma che cazzo vi svegliate alle 6 a fare??? Dormicchio il più possibile, facendo colazione alle 8 con il gruppetto spagnolo-latino, la gente più "pigra" assieme a me. Fin dalla partenza il panorama è incantevole. La prima parte del percorso costeggia un fiume per vari chilometri; è tutto una figata, gli alberi si riflettono sulle acque limpidissime, spesso i cavalli trotterellano di fianco a me nei pascoli attorno al sentiero. Giunto al primo ponte incontro due nuove italiane, precisamente delle teste di moro. Visto che con i nomi sono una frana e che stanno viaggiando assieme decido di chiamarle Paola e Chiara (invece di Paola ed Elena). Non ho molti chilometri dei 15 chilometri prima di Pamplona: mi vengono in mente i miei numerosi tentativi falliti di entrare nella nazionale fotografi nonostante un bellissimo telefono da 5 megapixel, una chiacchierata sul corretto uso della c toshana con Giulia e i coreani che continuavo a superare e ritrovarmi davanti perchè prendevano qualche scorciatoia di continuo. Dopo aver superato Villalba, luogo di nascita di Miguel Indurain, mi ricongiungo alla solita "mafia italiana" composta da Valentina, Sara, Dalila e Fabio, con cui giungo a Pamplona. Qui decidiamo di comune accordo di farci i cazzi nostri visto che ognuno vuole fare cose diverse. Avendo già visitato la città pochi giorni prima il mio unico interesse è trovare il carrefour adocchiato nella mia perlustrazione del martedì per farmi un bel pranzetto al sacco. Dopo essermi saziato in un parco con free-wifi attraverso tutta la città ed il bellissimo campus universitario della Navarra, con destinazione Cizur Minor. Qui incontro un vecchietto spagnolo che ha ripreso il Camino dopo tre mesi; fidandomi di lui (e lui di me) ci perdiamo. Per fortuna la via maestra non è lontana. Dopo 22 minuti, per la precisione 22 e un po' giungiamo alla meta prefissata, che però è chiusa. Poco male, il piano b si rivela decisamente ottimo. Ampio giardino, wifi rapido e padrona gentilissima che mi insegna a fare il pediluvio e ad allacciarmi diversamente le scarpe in modo da evitare la formaizone di fiacche e vesciche. Davvero un'esperta, probabilmente ha visto più piedi di Peppe Fetish. Mi racconta che ha iniziato ad accogliere i pellegrini 28 anni fa, trasformando la casa della sua famiglia in un albergue. Si vede che mette tantissima passione in quello che fa e la sua contentezza nel fare sentire a casa le altre persone, cosa che mi fa molto pensare riguardo alle mie scelte future.
Gli altri arrivano alla spicciolata, trovandomi in modalità pappone sdraiato a prendere il sole. Approfittando della bella giornata lavo i vestiti a mano per la prima volta in vita mia: le scene sono fantozziane, meglio evitare i commenti. Di sera è ancora tutto fradicio, a posteriori ammetto di avere leggermente esagerato con l'acqua. Cose che capitano. Il menù serale è risotto cucinato da Valentina. Lei non è soddisfatta della sua creazione ma come al solito il cibo finisce in un batter d'occhio. Vado a letto stanco e pensieroso sull'ennesima morte di Crilin. Crilin nooooooooo!!!!

Giorno 2

Roncesvalles - Zubiri

Nonostante la stanchezza accumulata il giorno prima passo una prima notte di merda. Appena le luci si spengono alle 10 in punto scopro di avere una simpatica luce di emergenza proprio puntata in fronte a me. Evvai!! Dopo un tempo interminabile riesco finalmente ad addormentarmi, con un piano ben preciso: sveglia alle 7.30 e partenza alle 8. Nella maggior parte dei refugios bisogna infatti levare le tende entro le 8 di mattina. Un volontario olandese ha invece la brillante idea di svegliarmi alle 6.40, in modo "Che io possa alzarmi in tempo". Ma porca puttana, ma voi in Olanda ci mettete tutti piu di un ora per alzarvi? Ma che siete, una tribù di handicappati? (cit.) Io in ogni caso resisto stoicamente a questo rompicoglioni e non mi schiodo dal letto fino alle 7.30.
In mezz'ora faccio lo zaino, mi lavo, mi preparo e parto, alla faccia di quel taramot. Come il primo giorno la mia tattica è parlare con la gente, superarla, parlare con altra gente, superarla ecc. ecc.
Dopo aver percorso i primi km in una bella foresta che costeggia la strada principale giungiamo finalmente ad un supermercato, dove posso concedermi una meritata seconda colazione. Non sono nemmeno le nove. La marcia riprende, le solite chiacchiere anche. Il paesaggio si alterna tra boschi e colline che mi ricordano le atmosfere della Contea; per rendere tutto più tolkeniano mi diletto nel fischiettare la colonna sonora del Signore Degli Anelli. Anyway spagnoli a parte i pellegrini sono per la maggiorparte italiani e.... coreani! Scopro che il 40% di loro sono cattolici, non l'avrei mai detto! Poverini, con tutte le cose che potevano importare dall'Italia avrebbero potuto scegliere la pasta, la pizza, il mandolino o il Franz Bazar, ma invece si sono scelti la religione. #minutodisilenzio
Tra tutti i tipi che conosco segnalo l'incontro con un americano uguale a Gigi Datome. La cosa divertente è che viene proprio da Boston, ma non ha assolutamente idea di chi sia il mitico Gigione.
Parlando di questo tipo si è fatto tutta la Francia a piedi da Le Puis prima di giungere a Roncesvalles, quindi è allenatissimo. La cosa che più impressiona, oltre alla sua somiglianza a Gesù, sono le sue scarpe da ginnastica con suola quasi inesistente. Lui mi racconta che dopo un mese di cammino i suoi piedi sono quelli degli hobbit e che quindi non ha nessun problema a farsi una quarantina di km a giornata, nemmeno con quelle scarpe. Esticazzi.
Abbandonato il mitico Scott giungo in una località di nome Zubiri. Le mie gambe chiedono aiuto, lo stomaco ancora di più. Dopo aver mangiato un'enorme baguette riparto a piena velocità verso la località successiva, di nome Larrasoana. Sul percorso ho incontrato poca della gente conosciuta a Roncesvalles, quindi percorro velocemente l'ultimo tratto perchè ho paura che il mio albergue sia pieno. Come non detto, sono il quinto ad arrivare, giusto in tempo di trovare la doccia fredda perchè l'acqua è finita dopo i primi 4. Piccolo dettaglio: appena prima di raggiungere nell'albergue entro per sbaglio in una casa privata, pensando che fosse proprio il mio albergue. Ad accogliermi invece trovo due vecchietti che stavano facendo tranquillamente le pulizie in casa loro. LOL.
Gli altri italiani arrivano tranquillamente ore e ore dopo di me, prendendomi giustamente per il culo per la mia fretta. Al solito gruppo italiaco si aggiungono la toscana Giulia, il terun Pietro e Kristoffer (detto Cristo) lo svedese. Passo il pomeriggio facendo amicizia con Garbine (non la Mu-gu-ru-za nel caso Albyno leggesse), ragazza che lavora all'albergue di Larrasoana. Con lei sfodero tutto il mio sex appeal e proprio grazie alla mia indiscutibile bellezza (non di certo al sentimento di tenerezza/pena suscitato da un pellegrino stanco e bisognoso) riesco a barattare il mio "bastone" con uno degno di questo nome. In questo albergue faccio anche la conoscenza di due mitiche figure che spesso incontrerò durante il mio Camino: Sempai il pescatore, un sessantenne coreano che sta facendo il suo sesto cammino ed il grinch, uomo norvegese che possiede solo due espressioni. Una senza sorriso e una senza sorriso ma con il cappello.
La sera si avvicina e con questo anche il classico pasta-party tra italiani. La preoccupazione collettiva (non mia) è che 1.5 kg di pasta per 8 persone siano troppi; dopo 10 minuti la pentola è vuota e qualcuno a caso è arrabbiato perchè non è riuscito ad avere la sua quarta razione. Indovinate chi?
La sera passa abbastanza tranquillamente, da segnalare solo la scommessa vinta con Giulia con oggetto "Parlare più di 10 minuti con un coreano". Vado a letto stanco e pensando al momento in cui ho catturato Zapdos per la prima volta.